Spazio Blog

DISTURBI ALIMENTARI: COME PARLARNE?

DISTURBI ALIMENTARI: COME PARLARNE?

 

Chiunque abbia a che fare con un figlio, specie se adolescente o preadolescente, sa quanto a volte il dialogo con loro possa essere difficile. Quelli che fino a non molto tempo fa erano ragazzini solari, aperti, pronti a fidarsi e affidarsi ai genitori, educati, nel giro di qualche mese si sono trasformati in adolescenti chiusi, contestatari, perennemente insoddisfatti e anche un po’ insolenti.

In tutti quei casi in cui l’adolescenza non si rivela un passaggio tutto sommato tranquillo, come possiamo fare per affrontare con loro, in un dialogo che sia produttivo e non un monologo o peggio uno scontro, un tema tanto delicato come quello dei disturbi del comportamento alimentare?

Innanzitutto i Dca sono intimamente legati alla percezione del proprio aspetto fisico, che di per sé è un nodo cruciale della fase in cui si trovano gli adolescenti: banalizzare, ridicolizzare ma anche rimproverare non è mai producente. Se vostra figlia si vergogna di una parte del suo corpo, ha poco senso dirle che sono tutte fisse, così come non serve a nulla con un figlio in sovrappeso paragonarlo al cugino calciatore o al vicino di casa campione di nuoto. È sempre importante tenere in considerazione i suoi sentimenti e le sue emozioni, perché dietro al disturbo c’è proprio questo, la difficoltà a gestire un mondo emotivo in subbuglio, che deve essere da noi riconosciuto e accettato, ma non negato anche se sembra assurdo e immotivato. È bene evitare i commenti: considerazioni sull’aspetto fisico e sul corpo, sono spesso pericolosi: “come stai bene, hai messo su qualche chilo”, “stai bene così, perché vorresti dimagrire” possono diventare osservazioni che rinforzano il sintomo. Sapendo che dietro al disturbo c’è un problema di altro tipo, un malessere che non si riesce a tradurre a parole e si canalizza sul corpo e si riversa sul cibo, rifiutato, oppure ingoiato senza misura, far notare che il corpo non risulta più problematico diventa un motivo per esacerbare il disturbo. “Se esteriormente sembra che sto bene, allora gli altri non hanno capito niente”, quindi il comportamento alimentare diventa ancora peggiore perché la rabbia generata dal fatto che “dal di fuori non si nota che sto male” fa aumentare i comportamenti problematici. Non mi stancherò di ripeterlo: il focus di un disturbo alimentare non è la fisicità e il corpo. Se si fanno commenti sul corpo si comunica che non si capisce la vera natura della malattia e che si è concentrati solo sull’esteriorità, ragion per cui chi soffre di un disturbo alimentare cercherà di star male fuori per far capire quanto in realtà sta male dentro!

Non colpevolizzate i vostri figli o amici che soffrono di un disturbo alimentare: i disturbi alimentari non sono un capriccio, non si risolvono con la forza di volontà. Un “capriccio” è un qualcosa che viene messo in atto per attirare l’attenzione, e che cessa di essere nel momento in cui l’obiettivo viene raggiunto. I Dca non sono modalità per attirare l’attenzione altrui: sono malattie mentali con conseguenze psicofisiche, le cui cause sono tantissime e variabili da persona a persona. Nessuno con un disturbo alimentare vuole mettersi solo in mostra, il sintomo è solo una strategia di coping per cercare di affrontare e gestire le molteplici problematiche presenti nella vita di chi ha anoressia o bulimia o binge. Una persona con un disturbo dell’alimentazione non può dire “smetto quando voglio”, al pari di un tossicomane che vorrebbe dire e fare lo stesso riguardo alla sostanza. Se fosse solo un capriccio per attirare l’attenzione, quando genitori e amici si accorgessero del problema trascinando la figlia sottopeso o che si provoca il vomito o sovrappeso dai medici, e dunque le prestano tutta l’attenzione che sembra ricercare insistentemente perché preoccupatissimi per la sua salute psicofisica, le persone con Dca non guariscono affatto immediatamente. Se fosse veramente una richiesta d’attenzione, quando quell’attenzione arriva il disturbo alimentare dovrebbe sparire automaticamente, ma così non accade. Perché dietro al sintomo ci sono disagi ben più profondi di una semplice richiesta di attenzione, che ben può starci. È importante chiedere sempre “come stai?”, ma come stai dentro, come stai davvero, al di là del sintomo, al di là del fatto che non mangi o che mangi troppo e male: solo così si può arrivare a scalfire quel muro di cemento eretto a difesa della malattia che impedisce di vedere cosa ci sta dietro, che una volta compreso può permettere di liberarsi del sintomo alimentare.

Per commenti o chiarimenti scrivetemi a  info@spazioaiuto.it