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DISTURBI ALIMENTARI: CONSIGLI PER GENITORI E AMICI

DISTURBI ALIMENTARI: CONSIGLI PER GENITORI E AMICI

Cosa fare quando come genitori, familiari e amici ci troviamo di fronte ad una persona con disturbi alimentari? Ecco alcuni consigli per genitori e amici. Dovete sapere che il sintomo, quindi la malattia, sono modelli insani e disarmonici di comunicazione, modelli che nascono da qualche parte nell’inconscio e che si sostituiscono ai “funzionamenti sani”, perché le vostre ragazze hanno paura della sanità, hanno paura di perdere – se guariscono – i loro privilegi. Perciò come genitori e amici soltanto un rifiuto netto delle modalità insane di comunicazione può impedire l’aggravamento della situazione. Anche se è triste doverlo accettare, da un certo punto in poi, le persone con disturbi alimentari non sono più in grado di intendere e volere ed è quindi perfettamente inutile appellarsi al loro buon senso o scaricarsi la responsabilità dicendo “…deve sapere lei cosa fa e cosa vuole”. Quindi:

  • Non assecondate la ragazza in quelle richieste che sottendono a perdere peso quali palestra, piscina, cyclette o altri attrezzi per la ginnastica da camera o attività sportiva in genere.
  • Non modificate, in alcun modo, il vostro stile di vita sia nel sociale che nei rapporti con gli altri familiari nella speranza di aiutare vostra figlia.
  • Lei digiuna? Si abbuffa e poi corre a chiudersi in bagno? Voi continuate il vostro pasto senza considerarla, siate gentili, ma distaccati. Non premiate il sintomo con eccessive attenzioni (ciò non significa far finta che il problema non esista, in altri momenti è importante parlarne e sottolineare l’importanza di una cura).
  • Non subite in modo passivo le sue aggressioni, le sue scenate isteriche: se non accetta il vostro aiuto, non può nemmeno usarvi come punching-ball sul quale sfogare la sua rabbia e le sue tensioni. Per quanto sia difficile, continuate a trattarla da “ragazza sana”, come trattereste una fanciulla normale per quell’età.
  • Siate fermi e decisi nel dirle che deve curarsi, non accettate i suoi “ce la faccio da sola, posso smettere quando voglio”. Da anoressia e bulimia, da soli, non se ne esce mai!
  • Condizionate il vostro appoggio, la vostra presenza, il vostro amore ad atteggiamenti convenientemente sani. Non credete alle sue “dichiarazioni d’amore”, spesso il cercarvi, il voler essere la vostra bambina, non sono che sintomi della malattia. Non diventate alleati della sua malattia, non accettate compromessi del tipo: “dimagrisco ancora un chilo, poi smetto; posso smettere quando voglio; non è un problema”.
  • Proponetele con fermezza un percorso terapeutico e, se la considerate in pericolo di vita, richiedete un ricovero coatto.

Ricordate: lei è ammalata nello spirito, quindi difficilmente sa discernere il bene dal male, inoltre sappiate che la sua ansietà annulla la volontà e che l’appellarsi a quest’ultima non ha senso alcuno.

Il suo mondo è ormai costellato di “NO” ripetuti sino all’esasperazione: no all’alimentazione normale, no all’acqua, no all’amore, alla femminilità, alle cene con gli amici; no al lasciarsi cullare dalle onde del vivere, no alle sensazioni, alle delusioni, all’andare verso gli altri, alla bellezza, no al farsi aiutare. Se cerca il vostro aiuto, impostatelo sul principio do ut des, non siate sempre voi a dare, ricevendo in cambio solo dei forti e malsani NO!

MA SOPRATTUTTO RICORDATE: siete voi e solo voi familiari (ed amici) ad avere ora la responsabilità su vita e morte. Non crogiolatevi nella melensa illusione che lei sa il fatto suo. Quello che vi comunica, anche se in chiave criptata, è un forte “aiutatemi!”.

Non dimentichiamo che vero è che l’anoressia è sì mancanza di appetito, ma non dell’appetito di cibo, anoressia è mancanza di appetito di vivere. Ciò vale anche per la bulimia e il binge: la gioia di essere viene traslata sul cibo. Una droga apparentemente innocua che colma e dalla quale ci si può liberare vomitando o con il lassativo o che mette tra la ragazza e la realtà un protettivo strato di grasso. Infatti i disturbi alimentari sono paragonabili, nella loro dinamica, alla tossicodipendenza e necessitano, perciò, sempre di un percorso terapeutico che proponga nuovi modelli di comunicazione e nuovi modi per affrontare la vita, liberando da sintomi insani per renderla armoniosa, felice ed efficiente nel sopravvivere in una giungla chiamata esistenza.

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