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LA DIPENDENZA DA CIBO

LA DIPENDENZA DA CIBO

La domanda di una cura disintossicante per il tossicomane mostra una logica ricorrente sottostante che la riporta il più delle volte al suo punto di partenza.

  1. “Io mi drogo e soffro nel drogarmi.
  2. Vorrei smettere.
  3. Perciò desidero una cura disintossicante”.
  4. Trova una risposta favorevole.
  5. Durante la cura, egli esprime la sua sofferenza: “questa cura io l’ho voluta, ma ciononostante io soffro di astinenza.
  6. Dal momento che soffro di astinenza, datemi un sostituto.
  7. Ma evidentemente non me ne date abbastanza dal momento che soffro.
  8. Il sostituto non è mai abbastanza potente, a meno che non sia rimpiazzato dalla…droga.
  9. 0 1. Mi drogo … mi drogo”.

Questo circuito descritto a proposito del tossicomane in realtà è molto simile alla dipendenza da cibo, nella bulimia e binge. La persona vorrebbe smettere di abbuffarsi, cosa per cui soffre a causa dei sensi di colpa, della vergognosa sensazione di mancanza di controllo, del peso eccessivo. Ma non basta la volontà e la decisione di smettere, a volte non basta nemmeno una cura. Perché si entra nello stesso circolo vizioso, di sindrome da astinenza: il cibo aveva la sua funzione, quale che essa fosse, di lenire l’ansia, di consolare, di strumento contro l’angoscia, di far dimenticare il resto, eccetera. Venendo a mancare il meccanismo consolatorio del cibo, la persona soffre, anche se è in cura fatica a trovare altri modi per lenire l’ansia e tollerare le sue emozioni, non trova un sostituto valido e abbastanza potente, continua a soffrire, questo crea rabbia, quindi ritorna sul cibo, l’unica sostanza che conosce come aiuto alla sua psiche affaticata. E così rientra nel circolo, e sentendosi ancora più in difetto per esserci ricaduta, riprende a “farne uso” anche con maggior accanimento, sempre più deluso da se stesso e allo stesso tempo sempre più bisognoso di cibo per sentirsi meglio, e poi di nuovo peggio e così via.

Come interrompere questo doloroso gioco senza fine? Può essere utile imparare attraverso una terapia a convivere con i sentimenti negativi, a imparare come gestirli. Ma soprattutto essere consapevoli che uscirne è difficile, da soli praticamente impossibile, che ci vuole tempo e pazienza, che è facile rientrare nella logica ricorrente del tossicomane, serve la capacità di sapersi perdonare se non si riesce a uscire dal circolo fallimentare. Bisogna sperimentare nuove modalità di relazione -in primis quella terapeutica- che facciano riscoprire cosa significa star bene, smettendo di considerare solo il cibo l’oggetto e il destinatario di qualsivoglia emozione.