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BAMBINI ED EMOZIONI

BAMBINI ED EMOZIONI

Qualche sera fa sono andata ad un incontro dal titolo “Emozioni per crescere insieme” tenuto dal famoso dottor Pellai, in cui si parlava del rapporto tra genitori e figli e del mondo emotivo. Mi sono rimaste alcune idee interessanti in testa che vorrei condividere…Prima di tutto, il figlio primogenito è sempre il più sfortunato perché si becca il “genitore peggiore”, una madre e un padre ancora inesperti, in preda a quella rivoluzione esistenziale che è la nascita di un figlio, poco pratici a fare i conti con le proprie emozioni dirompenti a confronto con la nuova creatura e con quelle così sconosciute e a volte incomprensibili del bambino. Invece l’ultimogenito spesso è il più fortunato perché si merita due genitori già collaudati, che dai propri errori col primo figlio hanno imparato qualcosa.

Cosa succede quando i figli attivano emozioni forti in noi e che cosa imparano? L’unico modo per insegnare ai propri figli la regolazione emotiva è fargli vedere che siamo regolati noi, quindi è sempre bene chiedere aiuto quando ci si sente preda di stati emotivi che non si riescono a gestire. Un figlio è quella relazione che fa provare le emozioni al grado più elevato. Crescere i figli è una grandissima fatica, ma gli adulti siamo noi e dobbiamo mettere in gioco tutte le nostre competenze, al di là della fatica, dello stress, della stanchezza. Come genitori, possiamo trasmettere ai figli tre cose: 1. il sapere, le informazioni, i dati, le conoscenze; 2. il saper fare, l’avere tante competenze; 3. il saper essere, cioè riuscire a mettere a disposizione ciò che sappiamo e ciò che sappiamo fare nella relazione con l’altro. 

A volte il suo sapere tantissimo diventa una difesa dalla relazione con l’altro, ci si rifugia in quest’area del cervello e non si ha successo nelle relazioni. Il quoziente intellettivo -QI- non è prerequisito per arrivare alla felicità, mentre lo è il quoziente emotivo -QE-. Per acquisire un buon quoziente emotivo gli adulti sono dei grandi allenatori emotivi. Quando nascono i bambini hanno attivo solo il cervello emotivo, non hanno pensiero pensante, possono crescere solo se accuditi dal cervello pensante dei grandi. Tutte le emozioni hanno una funzione evolutiva, servono quindi alla sopravvivenza. La rabbia ad esempio serve a difendersi dai nemici, modifica proprio l’assetto biologico del corpo, la si sente nelle mani e nelle gambe perché ci si prepara al combattimento. Quando un bambino prova molta rabbia spesso la fa provare anche al genitore che non vorrebbe vederlo così arrabbiato, rosso di rabbia, spesso non comprensibile e sicuramente smisurata rispetto a ciò che realmente è accaduto. Rispondere a un’emozione negativa negandola o cercando di farla sparire non è certo la migliore soluzione, è sempre importante il riconoscimento dell’emozione, “perché la stai provando?”. Nella relazione col figlio non importa quello che ho dentro io, ma quello che ha dentro il bambino, che va capito e regolato e insegnato a gestire, innanzitutto mostrando appunto la propria regolazione, come il pilota di un aereo che durante una turbolenza non mostra panico ma perfetto controllo della situazione e dell’aereo. Bisogna sempre chiedersi, di fronte ad uno stato emotivo difficile da gestire, “è il bambino che sta sbagliando copione o è solo un copione diverso dal mio?”.

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