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GUARIRE DA ANORESSIA E BULIMIA

GUARIRE DA ANORESSIA E BULIMIA

“Io voglio che qualcuno mi dica che aumentare di peso non metterà a posto ogni cosa”, “Mi dicevano sempre ‘mangia!’ Come se guadagnare cinque chili potesse essere la soluzione dei miei problemi. Non lo è. È risolvere i miei problemi che mi farà mangiare”: alcuni trattamenti terapeutici possono consistere nell’indurre a mangiare, oppure pongono l’accento sulla psicoterapia, la quale però non arriva mai alle questioni decisive di fondo. Esistono poche condizioni morbose in cui i risultati ottenuti sono così strettamente legati alla pertinenza dell’impostazione terapeutica. C’è da domandarsi che cosa sia andato storto nei tentativi di cura falliti o che cosa sia stato trascurato.

Un’importante fonte di errore è quella di aver concentrato l’attenzione su un qualche aspetto isolato, oppure lo sforzo principale è stato diretto a correggere il peso, mentre i problemi di fondo non sono stati toccati. Scopo della terapia dovrebbe essere quello di aiutare le anoressiche o bulimiche a sviluppare un concetto valido di sé e la capacità di agire secondo direttive autonome. Compito del terapeuta è aiutare le pazienti a scoprire le loro capacità e risorse di pensare, giudicare, sentire, al di là di una concentrazione ossessiva sul corpo, sull’aspetto fisico e sul cibo. Ciò che veramente le turba è che non sanno nemmeno che cosa spettarsi dalla vita o che cosa le renderebbe felici. E così arriva questa malattia e il pensiero del cibo mette tutto il resto in ombra. Alcune hanno l’impressione che l’affamarsi o il riempirsi fino a scoppiare renda la vita più facile, perché sono contente di sé per il solo fatto di riuscirvi o per il fatto di sentirsi piene di qualcosa che lì per lì sembra dare il piacere tanto desiderato. Per un breve tempo ci si sente come se tutta la pressione si fosse allentata. Infatti, mangiare qualunque cosa sconvolge, perché l’orgoglio di dimagrire sembra rassicurare che tutto andrà bene. Sono tanto fiere della loro magrezza da avervi sacrificato ogni altra cosa. Per guarire, devono rinunciare a questo orgoglio innaturale per una cosa che non serve a nulla!

Spesso le anoressiche e le bulimiche non vogliono parlare del loro peso né sopportano che vi si accenni e i terapeuti accondiscendono a questa richiesta. Io considero questo atteggiamento controproducente. I problemi che si presentano nel contesto dei cambiamenti del peso offrono materiale importante per l’esplorazione terapeutica e gli importanti problemi di fondo non diventano veramente accessibili al lavoro terapeutico fino quando la paziente non avrà raggiunto un atteggiamento di armonia e accettazione verso il proprio corpo e non si confronterà col mondo come la persona che è anziché come un organismo sotto rigoroso controllo. A volte capita che con pazienti terrorizzate dall’idea di pesarsi, o incapaci di farlo per paura, ci pesiamo insieme in studio, in modo da affrontare direttamente in seduta le paure e le questioni nascoste dietro al fattore peso.

 

La terapia deve essere focalizzata sull’insuccesso della paziente nell’espressione del suo Io, sugli strumenti e sui concetti inadatti per organizzare ed esprimere i suoi bisogni, e sul senso di smarrimento nell’affrontare gli altri. La terapia è il tentativo di correggere i difetti concettuali e le distorsioni, il profondo senso di insoddisfazione e di isolamento, la convinzione di non essere buone a nulla, nonché l’idea di valere e di avere un’identità buona solo in quanto “magra” e “un numero”. La terapia deve aiutare la paziente a scoprire il carattere erroneo dei suoi convincimenti, deve permetterle di riconoscere di essere dotata di essenza e valori propri, non dipendenti dal peso e dal corpo, e di non aver bisogno della tesa e faticosa sovrastruttura di iper-perfezione artificiale.