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L’ATTEGGIAMENTO ANORESSICO

L’ATTEGGIAMENTO ANORESSICO

Le anoressiche insistono nel dirsi incapaci di “vedere” la loro magrezza; tutte le preoccupazioni degli altri sono prive di fondamento, perché loro stanno benissimo, sono giuste così e il loro aspetto è quello che vogliono avere; anzi, dicono di essere ancora “troppo grasse”. A questo sintomo tipico, l‘immagine corporea distorta, contribuisce anche un allenamento a ingannarsi da sé. Le pazienti si esercitano nel guardarsi allo specchio, da tutti gli angoli, fiere di ogni etto che perdono e di ogni osso che sporge. E quanto maggiore è l’orgoglio di questo aspetto, tanto più insistono nel dire che è perfetto. Questa assillante preoccupazione circa il proprio peso sembra parte del desiderio anoressico di far l’impossibile, dell’orgoglio di essere ultra-speciali perché ultra-magri. Una persona che si odia per essere aumentata di qualche chilogrammo deve essere molto insicura e avere una scarsissima opinione si sé.
“Quando si è tanto infelici e non si sa come venire a capo di nulla, avere il dominio sul proprio corpo diventa un successo sfolgorante. Si trasforma il corpo nel proprio regno, dove si fa la parte del tiranno, del dittatore assoluto”. Con questo atteggiamento, il non cedere a qualsiasi esigenza del corpo diventa la massima virtù. Ciò che viene negato con maggiore forza è il bisogno di cibo. Per penosa che sia la fame, sopportarla un’ora di più, rinviare anche l’ingestione di una quantità infinitesima di cibo fino al punto della fame estrema e al giramento di testa, diventa segno di vittoria e questo, a sua volta, genera quel segreto orgoglio, quel senso di superiorità sul quale le anoressiche impostano i loro rapporti col mondo circostante.
Il fatto di essere capaci di sopportare la sensazione di fame (e quindi di compiere il miracolo di calare rapidamente di peso) sembra indurre queste ragazze a continuare ancora e ancora. Viene poi la fierezza e il senso di superiorità per essere riuscite e dimagrire e poi la paura di riguadagnare il peso perduto. Per essere sicure, credono di dover diminuire ancora e così si trovano prigioniere su questa strada verso il baratro. Le anoressiche si invischiano in questo processo perché esso in qualche modo singolare soddisfa il loro desiderio affannoso di essere speciali e straordinarie.
Né la fame è l’unica esigenza fisica negata; non cedere alla fatica è considerato ugualmente meritorio. Fare un’altra vasca a nuoto, correre ancora per un chilometro, fare esercizi ginnici sempre più faticosi, tutto diventa simbolo della vittoria sul corpo. Il corpo e le sue esigenze debbono essere vinti ogni giorno, ogni ora, ogni minuto.
Ricavano uno straordinario orgoglio e piacere dall’essere capaci di fare cosa tanto ardua!
Quanto più a lungo dura la malattia e quanto più peso perdono, tanto più le anoressiche si convincono di essere speciali e diverse, e che l’essere tanto magre le rende meritevoli, significative, straordinarie, eccentriche o eccezionali; ciascuna ha una parola tutta sua con cui descrivere lo stato di superiorità per il quale lotta. A questo punto sentono di non poter più comunicare con la gente ordinaria, incapace di capire. Si concentrano unicamente su se stesse, ruminando esclusivamente intorno al corpo e al cibo. Il loro pensiero e le loro mete si fanno bizzarre, con idee astruse su ciò che accade al nutrimento. La fissazione sul cibo non lascia spazio per altri pensieri. Il tempo impiegato per fare i compiti diventa sempre più lungo a causa dell’assoluto bisogno di essere superiori da ogni punto di vista, mentre non riescono a concentrarsi perché il cibo si è impadronito della loro mente.
Le anoressiche, al pari e più di altri pazienti, temono il cambiamento e hanno paura di abbandonare la falsa realtà in cui vivono, ma durante una terapia questi atteggiamenti e comportamenti possono pazientemente essere cambiati.