Spazio Blog

ADOLESCENTI IN CRISI

ADOLESCENTI IN CRISI

 

L’entità della sofferenza negli adolescenti spesso è profonda e straziante. Non si perdono solo le illusioni e l’onnipotenza del bambino, ma anche la fiducia magica che il padre e la madre sappiano risolvere qualsiasi problema della vita, ci si sente soli ad affrontare i problemi della crescita senza più la tutela dei genitori magici dell’infanzia. Gli adolescenti però non sono capaci di parlare apertamente della loro disperazione; né sono abili a trasformarla in sintomi psichici, come gli adulti, che se sono depressi, lo sanno e lo dicono o con le parole o con sintomi psichici della serie depressiva. Invece gli adolescenti hanno una strana specialità; trasformano la loro tristezza, a volte lancinante, in azioni, comportamenti spesso violenti, quasi sempre rischiosi, rumorosi, effettuati in gruppo, nel rombo di musiche suonate a volume insopportabile; oppure gettano la loro malinconia al vento e alla velocità del motorino, o ancora la riversano sul cibo evitato o vomitato. Il loro modo enigmatico di essere depressi e sofferenti confonde gli adulti ed impedisce di comprendere fino in fondo l’entità del disastro depressivo che allaga la loro mente. La mente dell’adolescente non riesce a tollerare la depressione; bisogna diventare adulti per sostenere il peso insopportabile di sentimenti depressivi; l’adolescente appena viene in contatto con sentimenti di colpa, di scacco, di fallimento, di delusione è costretto a cercare una soluzione che li scacci dalla mente; ciò impedisce la trasformazione di emozioni confuse e dolorose in pensieri ed idee consapevoli e facilita la produzione di comportamenti che hanno la funzione di liberare la mente dai sentimenti depressivi, facendoli ricomparire sotto le mentite spoglie di anomalie del comportamento. Perciò i genitori non vedono la depressione, ma l’insuccesso scolastico, o la tendenza ad accostarsi a sostanze stupefacenti, o un preoccupante dimagrimento, o la comparsa di comportamenti molto rischiosi per l’incolumità fisica, psichica e sociale.

Alla sua età la mente non è capace di distillare la depressione e farla diventare pensiero consapevole e poi trovare qualche soluzione; il dolore e la sofferenza sono intollerabili per l’adolescente ed egli è costretto a cercare subito un anestetico: spesso le “cure antidepressive” escogitate dall’adolescente sono ben peggiori del male, poiché rischiano di creare nuove malattie, che fanno scomparire i problemi e li sostituiscono con guai spesso irrimediabili.

Spesso i genitori sono costretti a rimanere all’oscuro di cosa veramente i figli pensino o sentano emotivamente e devono accontentarsi delle poche e smozzicate comunicazioni di figli che non parlano più di nulla se non di sconcertanti banalità. Perciò i genitori attribuiscono etichette sbagliate e pericolose -deviante, delinquente, drogato, anoressica- ad un’adolescente alla ricerca disperata di capire chi realmente sia, che preferisce rifugiarsi nel porto sicuro delle classificazioni degli adulti, piuttosto che tollerare il dolore di non sapere neanche lontanamente chi è veramente.

Quando ci chiediamo quanta tristezza una madre o un padre riescano ad attribuire alla mente del figlio, è inevitabile rispondere: poca, pochissima. Preferiscono quasi sempre pensare che non sia tristezza la causa della crisi, ma la cattiveria, l’aggressività, la tendenza a disobbedire, le cattive compagnie, le delusioni sentimentali, il non piacersi fisicamente, e tante altre vicende ancora, che naturalmente giocano la loro parte, ma sono solo ingredienti, non il contenuto centrale. Il contenuto è semplice, ma terribile da tollerare per la mente del genitore: il figlio è infelice. Si può anche dire triste, depresso, ma sono solo eufemismi: il figlio è infelice, questo è il vero problema, perciò non studia e fa tutte le altre stranezze. Per un genitore considerare il proprio figlio infelice e tristissimo è davvero molto doloroso per una ragione in fondo facilmente comprensibile. Il ruolo di genitore ha un obiettivo principale, fare felici i figli. Se un figlio è infelice, il genitore ha fallito il proprio scopo. Non è vero naturalmente, ma per un genitore è quasi sempre così; perciò preferisce qualsiasi altra ipotesi, piuttosto che prendere in considerazione quella che prevede che il figlio sia infelice, perché è quella che lo chiama in causa maggiormente e lo annienta come genitore capace di evitare che i figli possano crescere infelici. Eppure quando un genitore scopre che il figlio possa essere disperato succede di tutto, diviene anche possibile risolvere la crisi del figlio, che si sente finalmente compreso pienamente e accettato nella sua interezza e con le sue difficoltà.