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ANORESSIA E BULIMIA: UNA TESTIMONIANZA

ANORESSIA E BULIMIA: UNA TESTIMONIANZA

“Mi sento una schifezza, così legata all’aspetto e al corpo, come se per me fosse la cosa più importante del mondo (forse per avere un po’ di sicurezza almeno nell’apparenza)…Guarda come sono ridotta: una povera piccola anoressica, che ogni giorno lotta per vincere questa dura battaglia. Adesso vorrei metter su chili, ma mi è difficile mangiare (e devo stare attenta, perché basta un po’ di più e vomito). Poi forse ho paura di ingrassare, soprattutto perché mi vedo già terribilmente grassa. A volte mi chiedo come faccia a pesare così poco, quando al posto delle cosce ho due prosciutti, mentre chi pesa più di me mi sembra uno stecco. Penso, o forse spero, che una volta raggiunto l’equilibrio vitale, questo problema finirà. Ma sarò mai in armonia con me stessa?

Non so, mi sembra tutto così triste e inutile; non capisco più per cosa vivo. Nessuno che percepisce il mio dramma interiore e vede solo quella pellicola esternissima di ragazza sempre presente e brava. So solo una cosa: meglio non mangiare e correre il rischio di pesare meno subendo tutte le paranoie dei miei, che mangiare come una furia per questa paura di perdere peso o per fame (quando la domino sono più e molto felice) e poi vomitare e sentirmi come un pezzo di cibo triturato dai denti e finito in fondo ad un water.

In questi giorni vado da momenti di massimo sfinimento, in cui proprio non ho forze, vado avanti per inerzia e mi sento come una marionetta tenuta su da 4 fili leggeri, a momenti in cui ho l’energia di una pila duracell, mi sento forte come un leone e capace di fare tutto. In fondo, reggere ai ritmi cui mi costringo nelle condizioni fisiche in cui mi trovo, mi fa sentire una semi-dea. Sono davvero ambivalente: anche rispetto al peso, se alla visita sarò aumentata sarò contenta e più tranquilla, ma anche mi scoccerà. Al contrario, se sono diminuita sarò incavolata pensando che potevo fare qualcosa per aumentare (sto a volte in sottoalimentazione per concedermi qualcosa in altri momenti, poi questi non si verificano mai perché non voglio), ma sarò anche soddisfatta perché sono magra, e poi perlomeno manifesterò che le cose non vanno bene!

Ormai proprio per tutti io sono identificata nella mia “malattia” e non posso più vivere senza e spesso temo anch’io che ormai sia parte della mia identità, da cui è troppo difficile uscire (così vale per i riti col cibo). È sconcertante dare tanta importanza a questo odiato cibo e perderci la testa. Mi sento un po’ pazza, ma quando sono triste e giù, ho sempre il mio compagno cibo e pensando a cosa mangiare mi riempio la testa, e così la vita che a volte sembra vuota. Per questo voglio aumentare, per rendermi indipendente dal cibo e non farne a volte il mio scopo. Per di più, tante cose che faccio, a me pesano un casino e mentre gli altri le vivono con interesse, voglia e partecipazione, per me sono una medicina amara che non so bene perché continuo a prendere (abitudine o non trovo altro o ho paura di rimanere con nulla). Devo levarmi la paura di uscire dai soliti schemi e da questa comoda condizione di scheletrino, che in realtà il più delle volte si sente una balena!”

Oggi questa ragazza, grazie ad un percorso di tipo psicologico, è serenamente felice, ha ritrovato motivi per vivere e si è liberata dalla schiavitù del cibo e delle ossessioni sul corpo.