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DISTURBI ALIMENTARI A NATALE

DISTURBI ALIMENTARI A NATALE

Natale: tempo di festa, di regali, di gioia (oppure no?) e di pranzi pantagruelici! Ecco, qui sta il punto: per chi soffre di disturbi alimentari la prospettiva di pranzi luculliani in famiglia mette un’ansia e un’angoscia tale da far perdere al Natale tutta la sua atmosfera di gioia e serenità. Ebbene sì, i giorni che precedono le famigerate feste diventano motivo di arrovellamenti intorno alla questione “oddio come brucerò tutte quelle calorie?” oppure “come riuscirò ad andare in bagno senza destare sospetti?” o ancora “quale stratagemma userò quest’anno per evitarmi i mitici pranzi e cenoni?”.

Ricordo una paziente che un anno, per sua fortuna in quanto anoressica ossessionata da un’alimentazione restrittiva, si ammalò proprio il giorno di Natale: non potete immaginare la sua gioia nel dover star costretta a letto, consumando solo un brodino, e nel potersi defilare dal pranzo al ristorante di S.Stefano grazie ai suoi 38 di febbre. Nei nostri incontri del nuovo anno si cimentava a pensare cosa organizzare per l’anno venturo in modo da risolvere la questione evitamento pranzi e cene così serenamente. Fortunatamente il Natale seguente aveva superato la fase critica della malattia e i suoi incubi non ci concentravano più sul non mangiare ma su come affrontare gli ipercalorici pasti delle feste in modo rilassato, noncurante, e con una buona gestione delle relazioni.

A chi non ha mai sofferto di disturbi alimentari forse questo articolo sembrerà assurdo: come è possibile che una persona si faccia condizionare e rovinare le feste dal pensiero del cibo e delle calorie, dall’ossessione del peso (arrivando a pesarsi anche più volte al giorno), dalla schiavitù per un’azione così naturale e anche molto piacevole come il mangiare? Eppure proprio qui sta la chiave di anoressia e bulimia: nella totale assurdità agli occhi di chi la osserva da fuori ma nel rappresentare la sola ancora di salvezza da un mondo che fa troppo paura! Paura dei giudizi, di essere se stessa, di sbagliare, di non essere amata, di non essere sempre la number one, di mancare nella perfezione assoluta, di diventare insignificante, di perdere insieme alla magrezza assoluta anche la propria ragione di esistere.

La preoccupazione per la dieta, la fissazione di essere grasse o magre, sono soltanto cortine fumogene. Non è questa la vera malattia. Il vero problema sta nei sentimenti verso se stessa. Le persone con disturbi alimentari temono di non essere pari alle cose che ci si aspetta da loro. Hanno una grande paura, quella di essere come tutti, come la media, insomma non abbastanza in gamba. E questo strano modo di stare a dieta comincia con un’ansia del genere. Vogliono dimostrare che sanno esercitare un dominio, che ne sono capaci. “Io riesco a fare una cosa che nessun altro sa fare” e così cominciano a pensare che sono un po’ meglio di tutta quella gente che guardano dall’alto in basso perché sono golosi, non hanno autodisciplina e si rimpinzano come tacchini. C’è un solo problema in questo senso di superiorità: non risolve i loro problemi, perché quello che veramente desiderano è di essere soddisfatte di se stesse pur sentendosi felici e sane. La cosa paradossale è che si sentono in gamba perché sono malate! Ciò che veramente le turba è che non sanno nemmeno cosa aspettarsi dalla vita o che cosa le renderebbe felici: “perché non riesco a essere felice davanti a una tavola imbandita con tutte le persone che più mi vogliono bene?, perché non sono contenta dei regali che ho ricevuto, ma non so neppure che cosa mi piacerebbe?”. E così arriva questa malattia e il pensiero del cibo mette tutto in ombra. Si ha l’impressione che l’affamarsi renda la vita più facile perché sono contente di sé per il solo fatto di riuscirvi. Per un breve tempo ci si sente come se tutta la pressione si fosse allentata. Infatti mangiare qualunque cosa sconvolge, perché l’orgoglio di dimagrire sembra rassicurare che tutto andrà bene.

Molte dicono di sentirsi piene, di non aver bisogno di mangiare, di aver avuto abbastanza. In realtà, muoiono dalla voglia di mangiar di più, di fare onore alle prelibatezze preparate per il pranzo delle feste, di sentirsi calde e di non essere solo pelle e ossa. Dicono che sono contente di essere così: ma io so di molte cui fa male stare così, che soffrono a non provare quelle bontà culinarie o a mangiarle e vomitarle subito di nascosto (magari col timore che qualche caloria sia rimasta giù), eppure negano queste sofferenze. Non saranno questi patimenti a portare a una soluzione. Fanno sentire speciale, ma non danno quello che veramente si desidera e di cui si ha bisogno e non impediscono di essere infelice. Adesso sono tanto fiere della loro magrezza da avervi sacrificato ogni altra cosa. Per guarire, devono fare un altro e più grande sacrificio: rinunciare a questo orgoglio innaturale per una cosa che non serve a nulla.

Il mio augurio per questo Natale è di trovare un filo, una via d’uscita da questo labirinto di diniego, contraddizioni, ossessioni alimentari, ferrea risolutezza di non mangiare, implacabile calcolo di calorie-grassi-carboidrati, e fermo proposito di NON cambiare che caratterizza i disturbi alimentari.