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SMETTERE DI ABBUFFARSI

SMETTERE DI ABBUFFARSI

Le persone affette da sindrome da alimentazione incontrollatadisturbo alimentare conosciuto come BED (binge eating disorder), sanno molto bene come ci si sente, dopo l’ennesima abbuffata, nel fare pensieri come “vorrei smettere di mangiare per sempre”, “vorrei smettere di provare desiderio nei confronti del cibo”, “vorrei avere il controllo assoluto su questa fame che mi tormenta”.

Diciamolo subito, questo genere di pensieri, molti dei quali per fortuna transitori, possono essere molto pericolosi. Se nutriti e reiterati possono addirittura trasformarsi in malattie gravi, certificate come disordini del comportamento alimentare, come la bulimia e l’anoressia, che possono avere conseguenze anche fatali.

Col cibo, o meglio, con la rinuncia al cibo non si scherza. E il motivo è molto semplice, il cibo è necessario per vivere. Deprivarsene, oltre ad essere una pessima idea sul piano della salute, come abbiamo detto, non ci conduce neppure ai risultati sperati. Anche perché una imposizione restrittiva sarà sempre vissuta come qualcosa da cui liberarsi al più presto ed è quindi, proprio per questo motivo, una strategia fallimentare.

Il concetto di dieta restrittiva non funziona mai: proibirsi dei cibi, contare ossessivamente gli introiti calorici, tenere costantemente in allarme il sistema psichico a proposito di peso, identificazione con la propria immagine “fuori misura ideale”, ascoltare il nostro giudice interiore a proposito dei cosiddetti sgarri, aderendo ai sensi di colpa che ci soffia nelle orecchie, è controproducente. In questo modo non facciamo che rafforzare per opposizione proprio il desiderio di quei cibi proibiti sui quali abbiamo posto un veto preventivo.

C’è un piccolo test che possiamo fare per renderci conto di come funziona la nostra mente a proposito non solo del desiderio di cibo, ma di qualsiasi desiderio: quando si inizia a meditare, animati dalla volontà irrealizzabile di raggiungere l’assenza di pensieri, allo scopo di ridurre lo stress, gli insegnanti esperti propongono di provare a non pensare a qualcosa imponendoselo con la volontà. Puoi provarci anche tu, adesso, mentre leggi. Prova, per esempio, a non pensare a un elefante rosa. 

Cosa appare subito nella tua mente? Facci caso. Sono pronto a scommettere che un bell’elefante rosa ti stia facendo l’occhiolino.

Non possiamo impedirci di pensare al cibo!

Un famoso studio di una importante università inglese ha osservato che di media un individuo non affetto da un disturbo alimentare pensa al cibo circa 250 volte al giorno. Ciò avviene non necessariamente in modo ossessivo, e magari non in maniera diretta, quindi anche pensieri come “in quale ristorante andrò col mio fidanzato stasera?”, o “devo ricordarmi di comprare il sale grosso” vanno messi nel conto. 

Tutto questo per dire che, anche dal punto di vista evolutivo, quindi attivando positivamente l’istinto di conservazione, pensare spesso al cibo non solo è “normale” ma addirittura sano.

Possiamo quindi ridare dignità alla fame fisica e osservare, piuttosto, dal punto di vista di una maggiore consapevolezza, come la sensazione della fame possa attivare in noi pensieri, stimoli o addirittura impulsi di segno molto diverso tra loro. Una cosa è però certa: non sentire la fame, e quindi non nutrirsi in modo adeguato, è innaturale e pericoloso. Combattere contro la fame, tra l’altro, è una missione impossibile perché pretende di ignorare forzosamente qualcosa che da decine di migliaia di anni il nostro dna si è attrezzato per attivare come bisogno primario di sopravvivenza: la pulsione del desiderio nei confronti del cibo.

Proprio per ciò che abbiamo detto finora, e cioè che il nostro sistema vitale, frutto dell’evoluzione, è tarato per desiderare il cibo, ed essendoci trovati (noi esseri umani) per le decine di migliaia di anni di cui sopra ad avere a che fare con la carenza di cibo, il nostro corpo ha imparato a difendersi dalla mancanza di cibo per aiutarci a sopravvivere ai momenti di carestia.

Il digiuno compensativo è dannoso e non serve: come reagisce il nostro corpo se dopo una giornata di abbuffate, per esempio, digiuniamo? Semplicemente, bloccandosi e percependo una sorta di allarme rosso che traduce in un: trattenere tutto a qualunque costo. Questo è vero sia per le donne che per gli uomini, ma le donne, per la loro funzione biologica riproduttiva, ne sono purtroppo più soggette ancora. Quindi, le donne devono stare attente a non ricorrere al digiuno compensativo ancora più degli uomini.

Se, come abbiamo visto, cercare di smettere di mangiare è un’impresa da evitare in modo assoluto, smettere di mangiare troppo, invece, è non solo possibile ma anche benefico per la nostra salute; non esclusivamente nell’immediato, ma a medio e lungo termine. È infatti ampiamente dimostrato che un’alimentazione equilibrata non solo ci porti ad un peso naturale più sano, ma ci preservi anche da molte malattie metaboliche e riduca il rischio di ammalarsi di tutte quelle forme tumorali a carico dell’apparato digerente ed escretore.

Per essere in forma, dunque, e per dimagrire, se è necessario, la via migliore non è la restrizione ma l’equilibrio nella regolarità, vale a dire che – udite udite – per perdere il peso in eccesso e mantenere il peso naturale raggiunto non dobbiamo seguire una dieta restrittiva ma non mangiare più del necessario sempre, imparare ad ascoltare il corpo e alimentarci con saggezza senza privarci di niente! (Fonte: Giorgio Prosperi)

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