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ANORESSIA E DCA: COME CI SI AMMALA

ANORESSIA E DCA: COME CI SI AMMALA

Spesso le persone che arrivano a leggere il mio blog si pongono le domande più semplici, ma nello stesso tempo più difficili a cui rispondere, riguardo ai Dca, all’anoressia e alle altre forme di disturbi del comportamento alimentare. Le domande che ricorrono più di frequente sono: “Come ci si ammala?”, “Come convincere a curarsi?”, “Come convincere a mangiare, a non vomitare o a non abbuffarsi?”. Ammetto che cercare di rispondere a questi interrogativi è poco utile, ma soprattutto impossibile. La strada da percorrere va invece nella direzione di capire cosa sta accadendo lì dietro, nelle dinamiche di un disturbo alimentare, dietro ad un Dca, a sintomi così incomprensibili come l’anoressia, la bulimia e il binge eating. La domanda più utile e forse corretta da porsi sarebbe: “Cosa si sta cercando di dire e di regolare con il cibo?“. La persona stessa che soffre di un Dca può e deve porsi questa domanda, scoprendo che spesso dietro al sintomo, sotto all’anoressia, ci sono delle emozioni e degli stati emotivi che non si sanno leggere e regolare. Al contrario di quanto la gravità e la prepotenza del sintomo inducono a pensare, non è opportuno soffermarsi mai solo sul cibo e sull’educazione alimentare. Attraverso un lavoro di tipo psicologico invece è possibile aprire uno spazio per un’altra risposta del soggetto che non sia l’anoressia, o un altro tipo di Dca. Il disturbo alimentare rappresenta una alternativa funzionale ad una situazione di vita intollerabile, che non può essere fronteggiata con le abituali risorse e abilità. Spesso queste difficoltà, le emozioni prevaricanti e e le sofferenza da cui il sintomo protegge sono molto o del tutto difficili da vedere e percepire per la persona che soffre di Dca, le parti sofferenti sono ben nascoste e alla luce c’è solo il sintomo, che con modi molto forti e feroci ha l’obiettivo di proteggere. “Da cosa?”, chiedono spesso le persone con anoressia, bulimia e binge eating. Solo attraverso un percorso terapeutico si può arrivare a percepirlo, il sintomo non va attaccato ma capito, accolto nella sua funzione di gestire emozioni soverchianti. I familiari che domandano increduli “Perché continui a fare questa cosa?” non fanno che aggravare il problema, che concerne il sentirsi inadeguato, sbagliato, impotente dinnanzi alla forza dell’anoressia, della bulimia o delle abbuffate. Nei Dca nell’atto del mangiare sta la patologia, “Mangia!” o “Non vomitare!” o “Non abbuffarti!” sarebbe come dire a uno che ha la febbre “Fattela passare!”. Attraverso un percorso terapeutico si arriverà a cogliere che il sintomo in qualche modo sta aiutando: l’anoressia, la bulimia, il binge eating, sono la soluzione al momento, il lavoro psicologico è permettere un’altra soluzione, più sana e funzionale.

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